lunedì 3 ottobre 2011

Il cervo e la bambina

In questa giornata mondiale per la pace trovo che questa favola, scritta un po' di tempo fa, sia in tema. Qualcuno, purtroppo anonimo, quando l'ho pubblicata la prima volta ha lasciato questo commento che è anche una bella recensione:

"Una fiaba che ti riporta a ciò che è essenziale nella vita: le relazioni!
Una fiaba che sottolinea l'importanza del "contagio positivo", cosa di cui c'è un gran bisogno in un momento in cui i mass media trasmettono solo un contagio negativo... Come Gandhi diceva: sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo! Ci ricorda che il cambiamento positivo inizia a partire da noi!"

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IL CERVO E LA BAMBINA
di Gloria di Simone

capitolo I

C’era una volta una bambina piccina piccina picciò che camminava e correva libera nei prati. Ad un certo punto arrivò un cervo, bello e possente, che le disse:

- “Bambina, cosa fai in giro tutta sola?”

- “Non lo vedi? Corro e mi diverto, acchiappo farfalle, godo della luce del sole e del profumo dell’erba e dei fiori. E tu, cosa fai?
- “Le stesse cose che fai tu. Vedi? Siamo uguali ma diversi nella forma e nell’aspetto, non è meraviglioso?”

- “Certo!” - disse la bambina - “È davvero una cosa fantastica poter vivere e sperimentare le cose in varie forme. Com’è correre a quattro zampe?”

- “Veloce, direi” - disse il cervo - “più veloce di te, suppongo, ma non sono mai stato una bambina, puoi dirmi com’è?”

- “Beh, è complicato. Ho dei genitori che mi vogliono bene ma mi soffocano con le regole ed io non posso spaziare come vorrei. Immagino che tu sarai più libero di fare quello che vuoi.”

- “Si, certo, di correre dove voglio; ma ci sono pericoli per me che tu non hai. I cacciatori mi possono uccidere e devo procurarmi il cibo e lottare per conquistarmi uno spazio ed una compagna, non so se tu ce la faresti, sei così piccola!”
- “È vero, sono piccola, i miei mi nutrono e mi proteggono (anche troppo!) e poi sono buoni, li ho scelti per questo.
Possiamo diventare amici, così ci possiamo scambiare le esperienze, raccontarci i nostri mondi e poi possiamo trovare altri amici con forme diverse dalle nostre. Sarebbe bello conoscere la vita delle altre creature: dei sassi, delle piante, degli uccelli, dei pesci, degli scoiattoli e delle coccinelle. Chissà come è essere un’ape, fare il miele, vivere con le altre, insieme, collaborando, o essere un’aquila ed aggirarsi solitari nell’alto dei cieli, spaziare dove l’aria è rarefatta, fare il nido in cima alle montagne.
Che ne dici? Ti piacerebbe?”

- “Non so” - disse il cervo - “a me basta vivere e correre e sentire la foresta ed il sole, ma mi piacerebbe avere degli amici, dici che sono belli?”

- “Belli? Che vuol dire? Semmai gli amici sono caldi, perché ti scaldano dentro e non ti fanno sentire mai solo. Ti sostengono quando hai bisogno di sostegno, sono al tuo fianco quando hai bisogno di aiuto e sono affettuosi quando hai bisogno di coccole.”

- “E cosa sono le coccole?”

- “Le coccole sono la cosa più bella del mondo! - disse la bambina - “Ti uniscono al mondo con l’Amore, vuoi provare?” - e si avvicinò al cervo che indietreggiò. 
- “Suvvia, non avere paura, non ti mordo mica, sono così piccola e tu così grosso!”

- “Va bene.”

Si avvicinò alla bambina e si lasciò toccare, prima le zampe e poi il ventre.

La bambina era troppo piccola per arrivare più su e così chiese al cervo di abbassare la testa. Il cervo la chinò, stando attento a non colpire la bambina con le sue grandi corna e la bambina cominciò ad accarezzargli il muso.
- “Ti piace?”

- “Mmmmmmmh, è tenero e morbido!”

- “Chiudi gli occhi” - disse la bambina, e continuò delicatamente ad accarezzargli la testa con le sue piccole mani paffute. - “Se ti sdrai posso abbracciarti, non sai com’è un abbraccio?”

- “Un abbraccio? È pericoloso?”

- “Ma no, che dici! Fidati di me ed accoccolati qui nell’erba.”

Il cervo ubbidì, anche se con un po’ di sospetto.
Allora la bambina gli salì in groppa e gli abbracciò il collo con le sue piccole braccia, poggiando la testa su quella del cervo e chiudendo gli occhi.

Il cervo così poté sentire il piccolo cuore della bambina che batteva forte e le sue piccole braccia che lo avvolgevano come una calda criniera. Le piccole mani gli accarezzavano dolcemente il pelo e pensò “però, dev’essere bello essere amici, sentirsi al sicuro anche in mezzo ad un bosco, con questa cosa che batte e che scalda, anche se è così piccola.”


capitolo II



La bambina si accovacciò accanto al cervo e pianse. 
Allora il cervo disse:

-  “Perché piangi piccola mia?”

- “Perché mi mancano gli abbracci e mi manca un amico vero, uno che mi conosca veramente, come sono dentro, e che mi ami, come te.”
- “Piccola mia, ora mi hai fatto conoscere il calore di un abbraccio, ho sentito il tuo cuoricino battere forte e mi sono fuso con te, da ora non saremo mai più separati o soli.”

- “Dici davvero?” - disse la bambina, - “Davvero resteremo sempre amici e tu mi vorrai sempre bene?”

- “Certo che te ne vorrò, ora che so cosa vuol dire ‘essere amici’. E una gran bella cosa, sai? Grazie per avermela fatta conoscere. Io ti posso solo far conoscere cosa si prova a cavalcare un amico e correre all’impazzata. Vuoi?”

- “Oh, si si, sarebbe bellissimo!” - esclamò la bambina
- “Quando lo facciamo?”

- “Ora, subito!” - rispose il cervo. - “Sali di nuovo, aggrappati forte al mio collo e stringi forte con le gambe. 
Ti puoi tenere anche alle corna, se ci riesci!” e fece l’occhiolino.
Così la bambina saltò di nuovo in groppa al suo nuovo amico, il cervo si rialzò e cominciò a correre. Era una sensazione stupenda, tutta quell’aria fresca e profumata sulla faccia. Gli occhi le si riempirono di lacrime, un po’ per il vento ed un po’ per la commozione di aver trovato un amico così speciale. Non stava più nella pelle e le veniva da urlare dalla gioia.

- “Allora? Come va? - le chiese il cervo.

- “Benone!” - disse la ragazzina, ormai diventata un po’ più grande. - “È così bello e semplice godere del vento e dei profumi, e del calore del tuo corpo peloso, ti ringrazio di cuore di avermi fatto vivere questa esperienza.”

- “Di nulla.” - disse il cervo, - “È il minimo che possa fare per un’amica speciale come te.”

Passarono gli anni ed i due erano sempre amici inseparabili anche se, ovviamente, non potevano trascorrere tutto il tempo insieme, ma quando potevano si andavano a cercare e trascorrevano insieme le più belle ore della giornata.

La bambina gli raccontava quel che faceva ma, soprattutto, i pesi che aveva nel cuore ed il cervo, che era un buon ascoltatore, stava in silenzio fissandola con i suoi grandi occhi liquidi e fieri. Di contro la bambina lo coccolava accarezzandolo sul muso e su tutto il corpo, cosa che a lui piaceva moltissimo.

- “Cosa possiamo fare oggi?” - disse la bambina - “Non ho voglia di raccontare. Andiamo a fare un giro?”

- “Come vuoi.” - disse il cervo - “Vieni, ti faccio conoscere dei nuovi amici, vieni nel bosco con me.”

- “Ma… non sarà pericoloso?”

- “Di che ti preoccupi! Con un amico grande e grosso come me, nessuno ti potrà fare del male.” 
Si incamminarono. Uscendo dalla radura entrarono in un bosco fitto e verdissimo. Il terreno era tappezzato di muschio di vari tipi, ognuno con una tonalità di verde diversa. Ogni tanto spuntava qualche fungo e la ragazzina si divertiva a notarne le caratteristiche.
C’erano quelli panciuti e marroni, che sembravano dei grassi frati in processione, o quelli col gambo esile e bianco ed un grande cappello rosso a puntini bianchi, che sembravano delle eleganti signorine cinesi. Tutto era stupendo ed amichevole in quel posto.

- “Dove mi stai portando?” - chiese al cervo - “È così bello qui!”

- “Siamo quasi arrivati, abbi pazienza!”

Dopo poco arrivarono ai piedi di un grande albero. Tra le radici che fuoriuscivano dal terreno c’era un grosso buco coperto leggermente da qualche fronda. Il cervo si avvicinò e bramì. Appena fatto il suo verso quando le foglie si mossero ed uscì un animaletto tutto ricoperto di lunghi ‘chiodi’, almeno così sembrava alla bambina.

- “Che cos’è?” -  chiese.

- “È il mio nuovo amico, non è pericoloso ed è tanto affettuoso, proprio come te, ma non conosceva l’amicizia, né le coccole, così ti ho portata qui in modo che tu possa mostrargliele.”

- “Ma... è tutto pungente, come faccio a non farmi male?”

- “Lo devi conoscere e devi dargli fiducia, come hai fatto con me. Io non ho le tue manine ed il tuo cuore, così ho potuto solo parlargli ed ho capito che è tanto spaventato, perciò tira su quegli aculei pungenti, ma sono sicuro che tu riuscirai ad entrare nel suo cuore ed a farglieli abbassare.”

La bambina fece la faccia corrucciata. - “Mmmmmmh!” - pensò - “Come si potrà fare?”
Intanto lo strano animaletto spinoso la stava osservando da lontano coi suoi occhietti neri e brillanti, anche lui incuriosito da quella strana creatura con le gote paffute ed i capelli color miele.

La bambina si guardò intorno pensando a cosa potesse fare per dare fiducia a questa nuova creatura che le ricordava tanto il riccio dentro cui trovava le castagne nel bosco. Poi trovò una soluzione. 
Fece accovacciare il cervo e cominciò ad accarezzarlo sul muso. Il cervo decisamente faceva un’espressione rassicurante e di godimento, emanando un piacevolissimo suono. Anche la bambina canticchiava qualcosa a bocca chiusa e, piano piano, sembrò che tutto il bosco fosse contagiato da quel suono così soave e da quell’amorevole tocco.

Il cervo chiuse gli occhi e si sdraiò completamente adagiandosi su un fianco e la bambina gli si sedette tra le zampe. Tutto intorno era sereno ed emanava una strana, magica luce, come un bagliore soffuso che raggiunse anche l’animaletto irsuto, il quale cominciò ad abbassare gli aculei e ad avvicinarsi alla bambina.

- “Zitto! che si sta avvicinando.” - sussurrò la bambina all’orecchio del suo amico cervo, continuando ad accarezzarlo sul muso. Il cervo abbozzò un sorriso, era certo che la bambina avrebbe ammaliato il suo nuovo amico, proprio come era accaduto a lui.
Continuando a far finta di non vederlo, la bambina stese il suo braccio sul terreno verso il suo prossimo amico ed aprì la mano, in attesa.




capitolo III

L’animaletto irsuto si avvicinò con sospetto e cautela, la mano della bambina era una cosa nuova per lui ma sembrava rassicurante. Cominciò ad annusarla col suo nasino appuntito.

La bambina avvertì che era morbido quando salì sulla sua mano. Aveva il corpo tenerissimo e soffice, non se lo sarebbe mai aspettato, visto l’aspetto che aveva. Pian piano cominciò a muovere le dita accarezzandogli il ventre ed il riccio fece un piccolo sobbalzo. 
Allora la bambina staccò l’altra mano dal muso del cervo e cominciò ad accarezzargli il dorso, stando attenta a non farlo impaurire altrimenti avrebbe rialzato gli aculei e lei si sarebbe fatta male. Il riccio chiuse gli occhi e si lasciò coccolare. La bambina guardò il cervo e si scambiarono una compiaciuta occhiata d’intesa.

- “Come stai? Come ti senti?” - sussurrò la bambina all’animaletto e lui rispose:

- “Mmmmmmmh, bene! È una strana sensazione ed assolutamente nuova per me, ma è molto piacevole.”

- “Posso prenderti in braccio?” - disse allora la bambina.

- “In braccio? Che vuol dire?”

- “Ti fidi?” 

Il riccio esitò un momento poi disse: 
- “Sì, mi voglio fidare.” 
La bambina lo prese tra le mani e se lo portò al petto, vicino al cuore, continuando ad accarezzarlo dolcemente.

- “Com’è bello e caldo qui! E questo battito è simile a quello che sento dentro di me.”

- “È così,” - disse il cervo - “è proprio come il tuo, lo stesso cuore che batte e palpita e si emoziona o si spaventa. Vedi? Non siamo poi così diversi!”

- “È vero!” - disse il riccio - “Non avevo mai provato niente di simile, essere tenuto tra le calde mani di qualcuno così diverso da me.”

- “Allora? Che te ne pare? Vuoi essere suo amico?”

- “Ma non so niente di lei, non la conosco.”

- “Avrete tempo per conoscervi! Ora che l’hai ‘sentita’ ti puoi fidare, no?” - “E tu bambina mia, hai ancora paura dei suoi aculei?”

- “Per niente, ma vorrei sapere una cosa da lui: “Perché ti mostri così, con questi aculei così appuntiti? Di che hai paura? Sai che spaventi le altre creature?”

Allora il riccio cominciò la sua storia.

- “Una volta noi ricci avevamo il dorso ricoperto da lunghi peli morbidi. Vivevamo sereni e felici nei boschi, nessuno ci disturbava e noi ci fidavamo del mondo in cui crescevamo. Poi, qualcuno si accorse che eravamo così miti, piccoli ed indifesi e si approfittò di noi. C’era chi ci uccideva per mangiarci e chi ci usava per divertirsi, facendoci del male. Non potevamo più vivere le nostre vite pacifiche e tranquille. A poco a poco diventammo diffidenti verso tutti e per proteggere la nostra fragilità, la nostra parte tenera e sensibile, i nostri morbidi peli si trasformarono, diventando acuminati e duri come li vedi ora.”
- “Che tristezza!” - disse la bambina - “Dovremmo fare qualcosa per farti tornare la fiducia nel mondo in modo che il tuo pelo torni morbido, ma cosa!?”
Il cervo, il riccio e la bambina stettero così meditabondi per un po’ di tempo, pensando a cosa si potesse fare per rendere il mondo un luogo amichevole così come lo era tra loro.


capitolo IV

I tre amici pensarono e pensarono e pensarono ed alla fine arrivarono ad una soluzione.

- “Sentite” - disse il cervo - “perché non andiamo in giro a mostrare a tutti cosa vuol dire essere amici e facciamo provare loro le coccole? Così creeremo un mondo che si fida e scambia Amore. Che ne dite?”

La bambina ci pensò un momento, mentre il riccio non sapeva che dire, anche se gli brillavano gli occhietti per la bellissima esperienza che stava vivendo in quel momento, accucciato sul petto della bambina tra le sue calde mani.

- “Okkei, possiamo almeno provare!” - disse - “In tre siamo già un bel gruppetto, no?”

Il cervo sorrise compiaciuto e sicuro che quella strada sarebbe stata la migliore. Fece salire la bambina in groppa ed i tre amici, uno sull’altro come in una piramide, si avviarono tranquilli nel bosco.
Dopo poco un uccellino, che li stava osservando da lontano, si avvicinò scendendo un po’ di più e cominciò a svolazzare sulla testa del cervo. 
Allora la bambina disse:

- “Ciao uccellino, perché non ti fermi sulle corna del mio amico e ti riposi un po’?

L’uccellino cinguettò allegramente ed acconsentì, andandosi a poggiare sul ramo più alto delle corna del cervo.
- “Come ti chiami?” - chiese la bambina.

- “In verità non mi chiamo, mi chiamano gli altri!”

- “Ma no, che hai capito, chiedevo se hai un nome!”

- “Ah! Beh, suppongo di si, credo che gli umani me lo ab-biano dato un nome, per distinguermi o riconoscermi dagli altri miei simili.”

- “Ce l’hai un cuore che batte?” - chiese improvvisamente il riccio.

- “Che vuol dire? Che cos’è?”

- “Vieni qui.” - disse la bambina e, togliendo una mano dal riccio, la porse all’uccellino che volò subito sulle sue dita.

Ora però la bambina aveva le due mani occupate e non sapeva come fare a far sentire il cuore al piccolino. 
Il cervo la sentì in difficoltà e le disse: 

- “Suvvia bambina mia, appoggia il riccio sulla mia schiena, è bella larga e ci si sta comodi.” 
La bambina seguì il suo consiglio e così il riccio poté provare la sensazione di appoggiare il suo morbido ventre contro il caldo pelo del cervo e vi si accoccolò. Allora la bambina pian pianino portò l’uccellino vicino al suo petto e tenendolo con tutte e due le mani lo strinse al cuore.

- “Uaoooo, che suono! Sembra un tam-tam.”

- “Come mai ti sei fidato subito di noi?” - chiese la bambina.

- “Beh, vi ho visti così sereni e tranquilli. E quel suono che emanavate… mmmmm, era così soave e rassicurante che non poteva essere niente di brutto.”

- “Allora? Che te ne pare del cuore?”
- “Ora ho capito cos’è! Si, ce l’ho anch’io e cambia il ritmo quando mi spavento o si calma quando sono tranquillo, come adesso.”

- “Hai visto?” - disse il cervo al riccio - “Anche lui ha lo stesso cuore e guardalo com’è piccolo e così diverso da noi!”

- “Dev’essere bello volare nell’aria, così liberi!” - sospirò la bambina.

- “Si si, è bellissimo, ma voi non potete farlo?”

- “Mmmmm, mi sa proprio di no!” - rispose il cervo ironicamente - “Forse ci manca qualcosa che hai tu, che dici?”

- “Cosa? Queste?” e, divincolandosi un po’ dalle mani della bambina, spiegò le sue ali azzurre.

- “Proprio quelle! Sei fortunato ad averle.” - disse la bambina - “Vorrei averle io e volare lontana, in alto, sempre più su, per vedere le cose dal cielo.”

- “Non ti crucciare” - disse il saggio cervo - “tu hai qualcosa che vale almeno quanto le ali. Hai quelle belle manine che coccolano, che accarezzano così bene e quel cuore che ama e fa stare così bene tutto quello che tocchi.”

- “È proprio vero,” - disse il riccio - “voglio ancora coccole!”

- “Un momento!” - disse la bambina - “Devo prima mostrare all’uccellino azzurro come sono le coccole.” - e cominciò ad accarezzarlo passando un suo ditino sulla testa del nuovo amichetto pennuto e facendolo scivolare fino alla coda.

- “Brrrrrrr, che brividi!” - esclamò l’uccellino - “Ma sono piacevoli. Sono come delle onde che scorrono, come il vento che ti accarezza, ma sono calde e luminose.”

- “Ora dovremmo vedere come possiamo fare una cosa simile anche noi,” - disse il cervo - “noi che siamo… senza mani!” 

- “Io ce le ho!” - urlò il riccio - “beh, non proprio come quelle della bambina, ma ce le ho.”

- “Bene” -  disse la bambina - “le coccole si possono fare in tanti modi, non solo con le mani. La cosa fondamentale delle coccole è che devono partire dal cuore, solo così possono diffondere quel calore, come del miele caldo che scende dolcemente e far stare bene chi le riceve. È come diventate una cosa sola in un luogo senza tempo dove ognuno si sente al sicuro e protetto perché non c’è più niente da temere. Avete compreso?”

I tre si guardarono con un’aria interrogativa. Allora il cervo aggiunse: 

- “Meno chiacchiere e più fatti. Entra in azione piccola mia e facci vedere.”




capitolo V

La bambina, allora, scese dal dorso del cervo coi suoi due piccoli nuovi amici e li posò delicatamente sul soffice terreno del bosco. Poi si avvicinò carponi al riccio e strofinò leggermente il suo naso contro il nasino appuntito dell’amico.

- “Ecco, fate così. Strofinare il naso o la testa con movimenti lenti contro quella di un altro essere può essere una coccola. Provate tra di voi.”
I tre si guardarono dubbiosi, poi l’uccellino prese l’iniziativa e volò sulla testa del cervo, cominciando a strofinarsi tra le corna.

- “Mmmmmbrrrrrr, mi fai il solleticooooo!” - disse il cervo
- “Ma è piacevole. Si, non proprio come un abbraccio della mia giovane amica ma, considerate le tue dimensioni, direi che va più che bene.”

- “Dovete pensare a quello che può far piacere a chi riceve le coccole, dovete immedesimarvi nell’altro e chiedervi anche “io cosa vorrei?” e poi dovete farlo e percepire come l’altro si sente. Così, alla fine, vi accorgerete che non siete solo voi a fare le coccole ma che è uno scambio perché l’altro, godendole, ve le restituisce sotto forma di energia, frizzante e morbida, che vi avvolge.”

- “Voglio provare io, voglio provare io!” - disse il riccio impaziente di sperimentare quelle sensazioni.

- “Va bene, tu che vuoi fare?” - chiese la bambina.

- “Non so, potrei usare le mie manine per accarezzare l’uccellino?”

- “Okkei. Vieni giù, piccolino!” - disse la bambina e l’uccellino azzurro volò subito a terra accanto al riccio.
Il riccio si sedette e fece appoggiare l’uccellino al suo tenero ventre, poi cominciò ad accarezzargli tutto il corpo partendo dalla testa.
“Certo chi ci vedesse ci prenderebbe per matti o almeno per strani!” pensarono contemporaneamente la bambina e l’amico cervo, e si scambiarono un’occhiata divertita.

L’uccellino era un po’ instabile in quella posizione, ma resistette finché poté per far piacere al suo compagno che era intento a fare del suo meglio anche se, ogni tanto, perdeva l’equilibrio e cadeva sulla schiena.

- “Allora? Come vi sentite?”
- “Non c’è male” - dissero - “anche se, sinceramente, il tuo abbraccio era più confortevole.”

- “Hai visto?” - disse il cervo alla bambina - “Hai qualcosa di più prezioso delle ali! Con le tue mani, il tuo cuore ed i tuoi abbracci, fai volare anche senza ali.”
La bambina chiuse gli occhi, fece un sospiro e sorrise compiaciuta.

- “Ognuno dovrebbe trovare il suo talento, il suo modo personale per scambiare calore ed affetto con qualcun altro, per fare amicizia e far sentire che non ci sono divisioni o barriere tra due esseri nella natura.” - disse il cervo - “Si, ognuno dovrebbe trovarlo.” - continuò.

- “E come si fa?” - chiesero in coro tutti gli altri.

- “Vediamo, cosa ti piace di più di te stesso?” - chiese il cervo al riccio - “E qual è la cosa che sai fare meglio e che vorresti donare ad un altro?”
- “Ah, proprio non lo so!” - esclamò il riccio.

- “E tu?” - disse il cervo rivolgendosi all’uccellino.

- “Mmmmm, non saprei, non ci ho mai pensato.”

- “Ecco un buon argomento di studio!” - disse la bambina “Potremmo, per il momento, lasciarci con questo compito, se volete. 

Si è fatto tardi e devo tornare a casa altrimenti i miei genitori si preoccuperanno.”

- “Ottima idea!” -  aggiunge il cervo - “Stabiliamo un appuntamento in modo che possiamo rivederci presto e rispondere a queste domande.”

- “Bene, bene!” - fece l’uccellino e svolazzò nuovamente sulle corna del cervo, così il riccio poté rimettersi comodo a pancia in giù.
- “Allora, ci vediamo tra tre giorni qui, alla stessa ora di oggi, appena il sole comincia la sua discesa, va bene?”

- “Va bene, si.” - risposero in coro tutti.

Così si salutarono, ognuno a modo suo. 
La bambina abbracciò tutti e salì sul cervo che la doveva riportare verso casa. Il riccio rientrò nella sua tana e l’uccellino azzurro volò in cima all’albero andando a nascondersi tra le sue fronde.

Dopo tre giorni si incontrarono, precisamente alla stessa ora e nello stesso luogo del primo incontro.






capitolo VI

La bambina arrivò col suo inseparabile e saggio amico cervo, con cui aveva trascorso tutti i pomeriggi precedenti discutendo di come fosse difficile riconoscere i propri talenti, le proprie unicità e persino i propri desideri.

A lei piaceva stare in mezzo alla natura, si sentiva a casa quando era tra felci ed arbusti o in un prato coperto di margherite. Aveva una passione speciale per gli alberi, correva ad abbracciarli come se fossero vecchi parenti, come dei nonni per lei, così imponenti e rassicuranti. 
Si divertiva anche ad arrampicarsi sui rami, quando ci arrivava, e le piaceva osservare il paesaggio circostante dall’alto. Poteva vedere le cose in un altro modo, sembrava diverso il mondo visto dall’alto.

Quando era giù era pieno di cose, di piante, muschi, insetti di varie dimensioni, sassolini, aghi, vermi, larve, bacche, funghi, semi... ci volevano ore solo a contare ed osservare tutti gli esseri che si trovavano nel pezzetto di terra intorno a lei. Era una tale meraviglia! E poi i suoni, tutti quei suoni! C’era tanta vita nel bosco.

Dall’alto notava altre cose, non i dettagli. Percepiva tutta la creatività della natura. I colori miscelati armonicamente così come l’intreccio delle varie piante, il disegno del sottobosco e la geometria degli alberi, tutto le sembrava perfetto e si sentiva completamente parte di quel mondo fantastico.
Un’altra cosa che le piaceva tanto fare era raccogliere quanti più tipi diversi di semi e frutti. Ne studiava le forme, i colori e poi li disegnava sul piccolo quaderno che portava sempre con sé. Si divertiva anche a dar loro dei nomi, così come aveva fatto con gli amici del bosco.
Anche le foglie la incuriosivano perché avevano delle forme talmente diverse che aveva impiegato più di un mese a disegnarle tutte. Quelle che erano cadute le prendeva e le incollava nel suo quaderno, accanto al suo disegno.

C’era una cosa, però, che non poteva registrare: i profumi. Le sarebbe piaciuto conservare tutti i profumi e gli odori che sentiva nel bosco e portarli con sé a casa, così quando le fosse venuta la nostalgia dei suoi amici del bosco, avrebbe potuto risentire gli odori e rievocare i sentimenti e le emozioni che aveva provato stando con loro. 

C’era l’odore della corteccia del grande pino, quella della terra umida, quello delle rane dello stagno e del suo amico cervo. Quello delle foglie mosse dal vento del nord e quello dell’erba accarezzata dalla calda brezza del sud. E poi...



C'era tanta vita nel bosco!


... e poi c’era l’odore del sole! Eh sì, l’odore del sole era fantastico! L’odore del sole sulla sua pelle dopo che era stata per ore sdraiata nell’erba o su una roccia piatta, a farsi inondare da questa calda e fluida carezza. Che meraviglia! Era così felice quando stava col suo amico sole, osservando e contemplando le nuvole che si formavano e si dissolvevano nel cielo limpido ed azzurro. 

Ed il ronzio delle api in estate, intente al loro lavoro sui fiori di mille colori... Quanti dati da immagazzinare! Però in cuor suo sperava di non averne mai bisogno, che avrebbe avuto sempre la possibilità di stare nella natura, tranquilla e felice, in un tempo sospeso all’infinito.

- “Eccoci qui di nuovo! È un vero piacere vedervi, miei piccoli amici. Allora, avete pensato ai quesiti in questi tre giorni?”

- “Si si.” - dissero in coro.

- “Bene, chi comincia? - Ci fu uno scambio di sguardi e poi l’uccellino prese l’iniziativa e disse:
- “Comincio io!”

- “Avanti allora, ti ascoltiamo. Quali sono i tuoi talenti? Cosa ti piace fare e donare agli altri esseri viventi? Quali sono i tuoi desideri?”

- “I miei talenti?! Ci ho pensato bene ma, oltre a fare quello che faccio sempre - ovvero cantare e svolazzare qua e là - non mi è venuto in mente nient’altro. 
Ad un altra creatura mi piacerebbe dare allegria, tirarle su il morale quando si sente triste e depressa e pensa di non avere una via d’uscita, o quando si sente inesorabilmente ed infinitamente sola. Ecco, vorrei essere il compagno canterino che ti fa ricordare che non sei mai solo e che c’è sempre una speranza!

Per i miei desideri non saprei; continuare a vivere così, libero di volare ovunque, di cinguettare, di incontrare nuovi amici e di portare gioia. Si, penso che siano questi i miei desideri principali, vitali direi, perché senza questi morirei.”
- “Ottimo, davvero ottimo!” - commentò il cervo.

- “E tu?” - disse rivolgendosi al riccio.

- “Io so scavare buche e raccogliere bacche, frutti e semi da ogni angolo del bosco. Non so fare molto altro, non riesco a vedere talenti particolari in me.
Per gli altri, potrei aiutarli a costruire tane e procurare cibo. Anche fare delle coccole, perché no? ora che so come farle e come avere fiducia nel mondo, così potrei diventare amico di tutti.
Il mio desiderio è proprio questo: far vedere agli altri che non c’è niente di cui aver paura e che l’aspetto esteriore non conta, perché anche sotto questi aculei minacciosi c’è un cuore che batte ed un ventre tenero che rivela un’indole dolce e pacifica.”
La bambina sorrise e strinse il riccio a sé, accarezzandolo. Quindi chiese al cervo: 

- “E tu, amico mio, che mi dici?”
- “Il mio talento è quello di non tradire mai gli amici e di esserci sempre quando questi hanno bisogno di me. Per un altro essere io sono un riferimento ed un aiuto. Sono quello che viene in soccorso nei momenti di panico e riporta la calma indicando la via.
Il mio desiderio è continuare a fare tutto questo ancora di più ed insegnare agli altri la fiducia in loro stessi, risvegliare con l’esempio queste qualità che loro hanno dimenticato.”

- “Molto bene.” - disse la bambina. - “Allora, abbiamo chi ci tira su e ci rallegra col suo canto facendoci tornare la speranza ed il buon umore nei momenti bui, chi ci procura il cibo nei momenti di bisogno andandolo a scovare nei posti più nascosti del bosco. Inoltre, abbassando i suoi aculei, ci mostra come fidarci del mondo anche dopo che siamo stati feriti, insegnandoci anche a non giudicare mai dalle apparenze. Ed infine, abbiamo chi ci protegge, aiuta ed indica la strada serenamente, quando ci perdiamo e cadiamo nello sconforto e nel panico. Un amico leale e sincero su cui contare nei momenti di difficoltà. 
Cosa manca ancora per essere felici?”

- “Manchi tu, piccola mia,” - disse il cervo, - dicci i tuoi talenti, i doni che faresti ed i tuoi desideri.”

- “Credo che il mio talento più grande sia quello di abbracciare e fare le coccole, no?” - disse strizzando l’occhio - “Perciò, agli altri vorrei comunicare tutto il mio Amore e far sentire loro che l’universo intero li ama e che anche loro possono scambiare l’Amore semplicemente non avendo paura di niente e di nessuno, essendo aperti a quello che la vita porta loro, qualsiasi cosa sia.
Il mio desiderio è questo: amare tutto e tutti, manifestandolo con gli abbracci, le coccole e qualsiasi altra cosa adatta alla situazione, fatta con gentilezza e creatività.”

- “Bene, amici miei” - concluse il cervo, - “direi che se mettiamo insieme i nostri talenti, doni e desideri, possiamo davvero vivere in armonia in un mondo sereno, felice ed amichevole, aiutandoci l’un l’altro. 
Credo che sia un buon inizio! Ora dobbiamo solo diffonderlo, contagiando tutto quello che ci circonda con la nostra presenza ed il nostro esempio vivente. Siete d’accordo? E soprattutto, siete pronti?”

Si guardarono tutti negli occhi, un po’ eccitati ed un po’ preoccupati per la grande responsabilità di quel compito che sembrava così difficile a prima vista. Ma, dopo un attimo, pensando a quello che era accaduto tra loro, a quell’amicizia sincera, nata quasi per caso, grazie anche alla loro buona volontà nell’aprirsi alle cose nuove ed inaspettate, sorrisero, fiduciosi che tutto sarebbe andato per il meglio perché ora sapevano che non erano più soli, isolati, ma facevano parte di una grande famiglia composta dagli esseri più diversi ma con un unico scopo e tante cose da dare e da scoprire insieme. Si, avevano scoperto di avere lo stesso cuore palpitante.
Così si salutarono in allegria, dopo aver celebrato quella bella unione ballando e scherzando al dolce canto dell’uccellino azzurro, ai suoni curiosi che emetteva il cervo ed al tam-tam che faceva il riccio battendo le sue zampette sul terreno. La bambina abbracciò tutti a lungo, sentendo il battito del cuore di ognuno, con le lacrime agli occhi per la commozione, grata di aver trovato degli amici così speciali con cui condividere i suoi sogni… e si avviò verso casa, FELICE!


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